«E’ stato applicato un pace maker epicardico a Mario (nessun riferimento nel nome a Balotelli ci tiene a specificare il dottore ndr) che era in grave sofferenza ventricolare destra - spiega Raffaele Amalfitano, 53 anni, da venti veterinario chirurgo -. Mario aveva una frequenza cardiaca bassissima, si può paragonare a venti trenta battiti umani, una forte ipertensione. Solo un intervento chirurgico poteva salvarlo. Lo abbiamo fatto perché la famiglia, che vuole restare anonima, ci ha pregato di salvarlo». Così è stata approntata la sala operatoria: il dottor Amalfitano è stato assistito da una equipe di elettrofisiologi che hanno dovuto programmare il pacemaker. «E’ stato utilizzato un dispositivo umano, quello che di solito si usa per i bambini – conferma Amalfitano - . Quando però abbiamo aperto il soggetto abbiano dovuto operare non seguendo la pratica comune». Data la situazione clinica di Mario e le sue dimensioni piuttosto piccole, per impiantare il p.m. si è dovuto procedere ad un intervento di annulo plastica per consentire al catetere di attraversare la vena giugulare ed inserirlo nel ventricolo destro, stabilizzando il cuore dell’animale. «Solo che in questo caso – spiega Amalfitano – abbiamo dovuto compiere l’intervento senza fermare il cuore». Di solito, infatti, con gli esseri umani la frequenza cardiaca viene assicurata da un macchinario che di fatto sostituisce il muscolo cardiaco per il tempo necessario all’intervento. In Europa non ci sono altri interventi del genere: l’anno quindi si apre per la veterinaria italiana, con un primato “mondiale” che viene da Napoli «E’ andata bene - dice Amalfitano - Non è escluso che lo studio di questo intervento possa essere di utilità per gli impianti che si compiono sugli uomini». Messa così, però, potrebbe sembrare una sperimentazione compiuta su un animale. Ma il dottore smentisce qualsiasi ipotesi di questo tipo. «Ci siamo posti il problema prima dell’intervento discutendone anche con la famiglia che ce lo chiedeva. Abbiamo fatto questo lavoro solo per salvare gatto, spiegando loro quale rischio si poteva correre. Avendo avuto successo sarà possibile salvare altre vite animali». Insomma è la scienza e non la speculazione che in via Merliani ha vinto consentito di salvare la vita di Mario, 7 anni, tre chili e mezzo di simpatia che ha ripreso anche a fare le fusa. Cosa che fino a quando è stato male – dice sorridendo il dottore - non riusciva più a fare. La gioia della famiglia che ha voluto a tutti i costi questo intervento è stato il motore della nostra soddisfazione».
domenica 26 giugno 2016
MARIO, GATTO CARDIOPATICO, SALVATO A NAPOLI: OPERAZIONE OK, UN PRIMATO EUROPEO
«E’ stato applicato un pace maker epicardico a Mario (nessun riferimento nel nome a Balotelli ci tiene a specificare il dottore ndr) che era in grave sofferenza ventricolare destra - spiega Raffaele Amalfitano, 53 anni, da venti veterinario chirurgo -. Mario aveva una frequenza cardiaca bassissima, si può paragonare a venti trenta battiti umani, una forte ipertensione. Solo un intervento chirurgico poteva salvarlo. Lo abbiamo fatto perché la famiglia, che vuole restare anonima, ci ha pregato di salvarlo». Così è stata approntata la sala operatoria: il dottor Amalfitano è stato assistito da una equipe di elettrofisiologi che hanno dovuto programmare il pacemaker. «E’ stato utilizzato un dispositivo umano, quello che di solito si usa per i bambini – conferma Amalfitano - . Quando però abbiamo aperto il soggetto abbiano dovuto operare non seguendo la pratica comune». Data la situazione clinica di Mario e le sue dimensioni piuttosto piccole, per impiantare il p.m. si è dovuto procedere ad un intervento di annulo plastica per consentire al catetere di attraversare la vena giugulare ed inserirlo nel ventricolo destro, stabilizzando il cuore dell’animale. «Solo che in questo caso – spiega Amalfitano – abbiamo dovuto compiere l’intervento senza fermare il cuore». Di solito, infatti, con gli esseri umani la frequenza cardiaca viene assicurata da un macchinario che di fatto sostituisce il muscolo cardiaco per il tempo necessario all’intervento. In Europa non ci sono altri interventi del genere: l’anno quindi si apre per la veterinaria italiana, con un primato “mondiale” che viene da Napoli «E’ andata bene - dice Amalfitano - Non è escluso che lo studio di questo intervento possa essere di utilità per gli impianti che si compiono sugli uomini». Messa così, però, potrebbe sembrare una sperimentazione compiuta su un animale. Ma il dottore smentisce qualsiasi ipotesi di questo tipo. «Ci siamo posti il problema prima dell’intervento discutendone anche con la famiglia che ce lo chiedeva. Abbiamo fatto questo lavoro solo per salvare gatto, spiegando loro quale rischio si poteva correre. Avendo avuto successo sarà possibile salvare altre vite animali». Insomma è la scienza e non la speculazione che in via Merliani ha vinto consentito di salvare la vita di Mario, 7 anni, tre chili e mezzo di simpatia che ha ripreso anche a fare le fusa. Cosa che fino a quando è stato male – dice sorridendo il dottore - non riusciva più a fare. La gioia della famiglia che ha voluto a tutti i costi questo intervento è stato il motore della nostra soddisfazione».
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